domenica 3 aprile 2011

La masseria delle allodole

La masseria delle allodole è un libro pubblicato nel 2004 ma ambientato nel 1915, in Turchia, durante il genocidio degli armeni.
All’inizio della storia, vediamo come protagonista Sempad, capofamiglia che porta nel cuore il sogno di rivedere il fratello maggiore Yerwant, fuggito in Italia dopo il secondo matrimonio del padre. Però questo desiderio non si realizza con l’entrata in guerra dell’Italia e così Yerwant non può giungere in Turchia con la famiglia. Intanto giunge la voce che i Turchi vogliono sterminare gli armeni e quindi Sempad e la sua ricca famiglia, decidono di rifugiarsi nella loro dimora in campagna: La masseria delle allodole. Un gruppo di soldati, aiutato da Nazim, si accorge però di questo spostamento, e raggiunge la casa. Il gruppo irrompe nella masseria e uccide tutti i maschi, compresi i bambini, tranne il piccolo Nubar, travestito da femmina.
Le donne traumatizzate tornano nella casa in città e con le altre donne armene rimaste sole sono costrette a intraprendere un viaggio terribile, fino ad Aleppo, dove verranno violentate e uccise.Le sopravvissute della famiglia sono Shushanig, le sue figlie e Nubar.
 Nel susseguirsi della storia i protagonisti diventano Ismene e Nazim che, con il contributo del prete Isacco e Zareh, fratello di Sempad, riescono a salvare le donne armene della famiglia a cui sono legati, facendo fuggire dopo un anno i bambini sopravvissuti dallo zio in Italia.
Il libro ha una trama molto forte e intensa che, seppur molto triste, cattura il lettore, lasciandogli una grande malinconia.Si percepisce la speranza dei personaggi che vogliono mettere in salvo i loro amici, facendo molti sacrifici e con continui riferimenti ad Un elemento molto importante della storia: la religione.
La scrittura è paratattica e non molto scorrevole e bisogna fermarsi a rileggere alcune righe, caratterizzate da una lunga serie di nomi orientali, molto simili tra loro. Il corso della storia diventa più veloce quando gli intrecci dei personaggi diminuiscono con il susseguirsi delle morti. Si possono tuttavia individuare anticipazioni di eventi futuri, prolessi.
Il narratore è esterno e onnisciente, poichè il punto di vista  è dell’autrice, nipote di Yerwant
La storia è ambientata nelle vaste terre dell’Anatolia nel periodo della Prima Guerra Mondiale. L'eliminazione sistematica ha inizio nel 1915 con la deportazione verso Aleppo, ma la città verrà raggiunta solo da pochi superstiti: i nomadi curdi, l'ostilità della popolazione turca, gli zaptié e le inumane condizioni a cui sono sottoposti, fanno sì che i deportati periscano in gran numero lungo il cammino, che i prigionieri, lasciati senza cibo né acqua, muoiano a migliaia. Per i pochi sopravvissuti la sorte non sarà migliore: periranno di stenti nel deserto o annegati nei corsi d’acqua.
A mio parere è un libro molto profondo e significativo, che mi ha fatto conoscere la triste realtà del popolo armeno, meno famoso di quello ebreo in modo molto interessante, seppur triste. Lo consiglio sicuramente, soprattutto a chi vuole leggere qualosa che faccia pensare e ricordare gli anni del terrore, nei quali la forza e il coraggio delle donne sono venuti fuori.


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